
"I marinai, stivata la memoria delle cose tristi in un cassone di rovere, sono capaci di chiamare all'appello ogni scampolo di miele gustato nel loro vagabondare, per giustificare scelte incomprensibili alla gente di terra"
Mi sono imbattuto in questo meraviglioso libro leggendone casualmente una recensione. Confesso che se l’avessi visto in libreria non l’avrei mai preso perché dal titolo avrei desunto un’ambientazione geografica che in questo momento non è in cima ai miei interessi. E invece no, calza perfettamente a pennello con le mie prossime e imminenti navigazioni.
Narra le vicende di Pietro Querini, nobile e ricco mercante veneziano, che nella prima metà del Quattrocento parte con una nave da Candia (Creta) per trasportare merci da vendere nelle Fiandre. Toh, proprio la mia rotta! La nave perde il timone, probabilmente a causa di un errore progettuale e resta senza governo, andando alla deriva per mesi fino ad approdare casualmente su una piccola isola delle Lofoten, in Norvegia, oltre il circolo polare artico, dove i naufraghi vengono accolti benevolmente dalla popolazione locale.
La storia è incredibilmente vera, anche se ovviamente romanzata, ed è raccontata in modo magistrale dagli autori, due giornalisti veneziani, che l’hanno ricostruita partendo dal resoconto redatto da Querini una volta rientrato in patria. Nello scritto si alternano parti narrate a testi scritti dai personaggi della storia nel linguaggio colto dell’epoca; lettere e pagine di diari immaginati. Divertenti anche i dialoghi fra i marinai, in dialetto veneziano stretto, supportanti fortunatamente da note con la traduzione.
Un romanzo storico pressoché perfetto, nello stile, nell’avvincere il lettore trasportandolo nelle atmosfere dell’epoca in tanti posti diversi (Creta, Venezia, Norvegia, Germania, Londra), nel descrivere fatti e personaggi cui non si riesce a non affezionarsi.
Bellissimo!