Il libro del mare – Morten Strøksnes

I marinai a terra fanno pensare a ospiti irrequieti. Magari non si imbarcheranno mai più, ma continueranno comunque a parlare e a muoversi come se fossero lì soltanto in visita, e per breve tempo. Mai si libereranno della nostalgia del mare. E il mare che li chiama è costretto ad accontentarsi di risposte evasive.

Semplicemente fantastico, uno dei libri di mare più belli che abbia mai letto. Un trattato enciclopedico in forma di romanzo che abbraccia tutte le scienze legate agli oceani: dalla zoologia alla geologia, dalla climatologia alla storia.

La trama è semplice: due amici di vecchia data si sono messi in testa di pescare uno squalo della Groenlandia, uno degli essere viventi più grandi e più longevi del pianeta e che abita i mari attorno alla Norvegia, con un piccolo gommone. Non sono inesperti, ma l’impresa è tutt’altro che facile. Le vicende, però, sono solo un pretesto per l’autore per raccontare tutto quello che sa – tantissimo , del mare.

Scritto in modo chiarissimo e ricco di pagine pregevoli anche dal punto di vista letterario, Il libro del mare non potrebbe avere titolo più azzeccato. In alcuni passaggi ricorda Melville, sia per il rapporto fra uomo e preda-mostro, sia per le descrizioni accuratissime della vita e delle usanze dei pescatori, scandinavi in questo caso, balenieri inclusi.

Le Lofoten, isole norvegesi oltre il circolo polare artico, sono la splendida cornice del racconto. Descritte nelle atmosfere in modo così accurato da lasciar trasparire l’amore evidente che Strøksnes nutre per quei luoghi affascinanti e remoti.

La storia del mondo in dodici mappe – Jerry Brotton

"Dai tempi di Tolomeo la geografia è sempre stata egocentrica. I suoi utenti partono cercando se stessi o la propria comunità su una mappa ma poi perdono gradualmente interesse per le cose distanti, ai suoi margini."

La Storia offre innumerevoli punti di osservazione: anni fa ho letto un libro che la raccontava dal punto di vista della pesca al merluzzo e delle guerre, diplomatiche e armate, combattute per lo sfruttamento delle zone di cattura. Un’interessante e inconsueta lettura, di quelle che offrono una visione diversa.

Il libro di Brotton, invece, traccia 2500 anni di vicende umane, politiche e sociali attraverso l’evoluzione della cartografia e dei metodi di tracciamento delle mappe. Dalle più antiche civiltà e ai primi metodi scientifici di misurazione della terra da parte di Greci, Arabi e Cinesi fino ai giorni nostri, quelli di Google Earth, passando per il medioevo e soprattutto per il Rinascimento, periodo di grandi esplorazioni che necessitavano di carte per orientarsi.

Disegnare una mappa si pensa debba attenersi al solo compito di essere il più fedele possibile alla realtà, non essendo possibile riprodurla in modo assolutamente conforme per un fatto fisico: non si può riprodurre una superficie sferica su una superficie piana senza ricorrere a qualche tipo di distorsione. Quello che emerge dalle pagine di questo libro è che i sistemi di proiezione (il più famoso, quello di Mercatore, del XVI secolo è quello maggiormente in uso ancora oggi) sono stati funzionali al potere politico e non solo alla scienza e alla sua evoluzione. Come la Storia, anche la geografia ha i suoi punti di vista, opportunistici a volte.

Dati gli elevati costi di produzione, soprattutto per via dei rilevamenti necessari, i committenti delle carte erano in passato i grandi sovrani e per questo i cartografi ne ponevano i regni al loro centro. Non tanto, o non solo, perché erano in quel periodo effettivamente centrali nella politica internazionale, ma perché ciascuno desiderava osservare il mondo partendo da sé. Una pratica ancora in uso se è vero, come dichiara Google stessa, che la maggior parte delle persone usa Earth per visualizzare la propria zona di residenza e non per esplorare parti di mondo che non conosce.

La lettura alterna pagine divulgative a passaggi più tecnici che a volte richiedono concentrazione per essere compresi ma nel suo insieme affascina e conquista perché mostra come il percorso della scienza sia inarrestabile, malgrado gli intralci della politica e persino, assurdamente, della religione: il mondo fisico che emergeva dagli studi dei cosmografi coincideva sempre meno con quello descritto dalle sacre scritture e per questo alcuni di loro sono stati perseguitati in quanto eretici. Oggi, per fortuna, i terrapiattisti sono relegati al folklore del complottismo più ridicolo.

La nave faro – Mathijs Deen

Se si definisce marinaio colui che naviga, essere imbarcato su una nave che sta sempre ferma, ancorata nello stesso punto, può generare un senso di squalifica, di frustrazione, in chi si fa parte dell’equipaggio, soprattutto se ha vissuto o anche solo sognato grandi avventure per i sette mari.

Una nave-faro serve a posizionare una segnalazione luminosa in un punto dove non è possibile costruire un vero faro. O meglio, serviva, perché ormai le navi-faro sono state sostituite da boe automatiche. Questo romanzo racconta la vita a bordo di una di esse, centrandosi soprattutto sull’aspetto umano, sul profilo dei marinai che ne formano l’equipaggio, in un equilibrio che viene improvvisamente e curiosamente rotto dall’arrivo di un capretto vivo che, nelle intenzioni del cuoco, è destinato a diventare uno stufato.

I cambi di turno trasbordando su piccoli battelli raggiunti attraverso la biscaccina in un mare agitato, la nebbia che improvvisa cala e rende la nave ferma un invisibile bersaglio la cui unica difesa sono le segnalazioni sonore previste, i ricordi che si affollano alla mente dei marinai tracciandone la personalità e le cicatrici dell’anima.

Paradossalmente, come l’autore fa dire a un personaggio, chi è imbarcato su una nave-faro vive sul mare, gli altri si limitano ad attraversarlo da un porto all’altro, da terra a terra, avendo il mare come intervallo e non come destinazione. Il mare in questione, in questo libro, è il Mare del Nord di fronte all’Olanda.

Mi ha ricordato Marinai perduti di Jean-Claude Izzo, un bellissimo romanzo simile a questo non nelle vicende ma nella descrizione della vita di mare: non avventura ma routine, non gloria ma sopraffazione, non donne ma sudore e fatica. Da questo punto di vista il mare è un grande inganno per i sognatori. Il mare dà, il mare prende.

L’ancoraggio in rada – Alessandro Borgia

Ecco un libro che tutti dovrebbero avere a bordo, indipendentemente dal livello di abilità marinara.

È didattico, storico, reminescente, interessante, curioso, utile, esaustivo.
Trecento pagine in cui viene eviscerato tutto lo scibile umano in fatto di ormeggi e ancoraggi.

Ci sono anche un sacco di foto e disegni descritti, fatto con precisione e chiarezza eccellenti, visto che l’autore è un architetto, quindi ha un’ottima mano.

Siccome è stato un grandissimo successo, ne è stata fatta una seconda edizione, riveduta e ampliata.

Last but not least, andrebbe letto perché c’è una bellissima prefazione scritta da me!

Lila – Robert M. Pirsig

Pirsig è famoso per Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, un best seller internazionale, anzi, un long seller visto che sono passati quasi cinquant’anni dalla pubblicazione e continua a vendere.

Lila ne è un po’ la continuazione e ne segue lo schema, che vede alternarsi la narrazione del viaggio con digressioni filosofiche profonde e interessanti. L’ambientazione è una barca a vela che discende un tratto del fiume Hudson, fatto che me lo rende interessante a prescindere.

In realtà la barca è solo un pretesto narrativo, il tema centrale è la definizione del concetto di qualità ma sono talmente tanti gli spunti di riflessione che il libro offre che andrebbe studiato più che letto.

Per ora mi sono accontentato di leggerlo, rimanendo decisamente estasiato di fronte a molte pagine. Se dovessi passare con la barca dalle parti della foce dell’Hudson, magari lo rileggo e lo studio a fondo!

Il cacciatore di corsari – Vindice Lecis


La differenza fra corsari e pirati, per quanto a volte non molto netta, è sconosciuta ai più. Entrambe le figure sono generalmente ricondotte all’iconografia hollywoodiana, tutta rum, pappagalli sulla spalla e caraibi. In realtà la “guerra di corsa” è stata combattuta per secoli nel Mediterraneo e nelle coste orientali dell’Atlantico da tutte le potenze antiche.

In questo romanzo, ambientato a cavallo tra la fine del Trecento e i primissimi anni del Quattrocento, si narra di scontri navali, incursioni e razzie per opera dei regni iberici (non ancora uniti fra loro) di quelli britannici e francesi e dei piccoli stati sardi detti giudicati, in seno alle guerre incessanti combattute fra di loro. Il tutto senza la fasulla vena di romanticismo propria dei film americani di genere.

Cosa siano stati i giudicati, a parte i sardi, credo siano in pochi a saperlo. Questo perché a scuola, quando si studia l’Italia medievale, viene dato risalto soprattutto ai comuni e alle signorie continentali. Tutt’al più si accenna alle cosiddette repubbliche marinare, senza spiegare bene l’enorme differenza di potenza e portata storica avuta da Venezia e Genova rispetto a Pisa o Amalfi.

Il libro si fa apprezzare per la descrizione delle battaglie navali e per la terminologia usata per indicare i diversi ruoli di marinai e militari del tempo, di tipi di imbarcazioni, e di armi o macchine da guerra. Termini ovviamente scomparsi e spesso completamente dimenticati: sopracomito, mangano, buonavoglia, clavario, verrettone, grisella, e tanti altri.

Un po’ confuso, invece, l’inquadramento storico generale per chi non ha già ben chiara la situazione geopolitica dell’epoca. Il lettore medio, categoria cui mi onoro di appartenere, avrebbe certo apprezzato qualche spiegazione in più a riguardo.