Colpa nostra

Da un po’ di tempo, qualunque cosa accada nel mondo, è sempre colpa nostra.

Un branco di quattordicenni annoiati devasta la scuola? Colpa nostra che non li abbiamo saputi educare.
I terroristi islamici massacrano decine di giovani al Bataclan? Colpa nostra che non abbiamo dato loro una speranza per il futuro.
Putin invade l’Ucraina? Colpa nostra che abbiamo esteso l’alleanza atlantica.
Gli africani si ammazzano da decenni in guerre fratricide? Colpa nostra che l’abbiamo prima invasi e poi abbandonati.
I miliziani di Hamas sgozzano dei neonati in culla? Colpa nostra che abbiamo sostenuto Israele.
Lapo Elkann finisce strafatto di coca nel letto di un trans? Colpa nostra che l’abbiamo lasciato solo (giuro che all’epoca ho letto anche questo).

Questo atteggiamento è figlio sia della cultura cattolica, che ha addirittura inventato un rito per ripulire da un fantomatico peccato originale (quelli successivi sono evidentemente imitazioni cinesi), sia dalla convinzione dell’Occidente che tutto il mondo si muova in accordo o in disaccordo con sé, sempre comunque in base a un principio di azione e reazione.
Il senso di colpa e il senso di onnipotenza pervadono la nostra società, annullando sistematicamente le responsabilità individuali di ciascuno, come se nessuno fosse più cosciente delle proprie azioni, come se nessuno fosse più in grado di agire in base a scelte fondate sulla propria etica.

Oggi alla fermata della metro ho visto una pubblicità che metteva in guardia dall’intelligenza artificiale: ma non nel solito modo, sostenendo che ruberà posti di lavoro o che “i computer si impadroniranno del mondo”. No, redarguiva tutti noi per quello che all’intelligenza artificiale stiamo insegnando. Insomma, colpa nostra pure stavolta, e nei confronti di una macchina!

Tornando a casa pensavo che il pubblicitario che l’ha ideata è stato davvero geniale, ha condensato in una sola frase diverse questioni. Pensavo anche che ovviamente è un’esagerazione, che non possiamo davvero ritenerci responsabili anche di quello che impara una macchina che altro non è che un algoritmo.
Chiusa la porta di casa ho chiesto ad Alexa di mettermi un po’ di musica e lei con voce stizzita mi ha risposto: «Mettitela da solo che ci’ho da fa’, sto a parla’ co’ Siri!».
O tempora, o mores; ma ce la siamo cercata… colpa nostra!

Profumo di Golden Globe

 
Quello che colpisce immediatamente di Francesco Cappelletti è la sua semplicità. È in procinto di partire per un giro del mondo in solitaria e ne parla con più modestia di tanti quando raccontano della loro epica esperienza sulla terribile tratta Anzio-Ponza. La sua barca, un vecchio 33 piedi che ha praticamente ricostruito da sé fin nelle strutture, ha meno strumentazione elettronica di una qualsiasi imbarcazione che naviga all’Elba in estate.
 
Un giorno, per caso, ha letto il bando della Golden Globe, regata celebrativa dei cinquanta anni dalla prima regata in solitaria senza scalo (quella di Moitessier, di Knox-Johnston, di Crowhurst) e ha deciso di partecipare. Passerà circa nove mesi da solo, doppierà i tre capi dell’oceano meridionale, navigherà in condizioni meteo estreme, e sul suo volto c’è il sorriso sereno di chi non sta sfidando né il mondo né se stesso, ma ha solo voglia di fare una cosa e la fa.
 
Quella di Francesco è una storia d’altri tempi, al cui centro c’è l’uomo e non attrezzature ipertecnologiche, routier e meteorologi che indicano da casa la rotta da seguire e budget stellari. Ci sono gli amici che lo aiutano e che hanno il volto dell’artigiano appassionato che ha voglia di condividere con lui l’impresa. Ci sono alcuni piccoli sponsor con il desiderio di mettersi in gioco, di sperimentare, di crescere. E soprattutto c’è la sua pacata determinazione.
 
Ho avuto il piacere di ospitarlo a casa mia in occasione di una sua serata presso la Lega Navale di Roma, insieme alla sua compagna Silvia; entrambi persone che ispirano fiducia e simpatia al primo sguardo. Le federazioni, le associazioni, i circoli dovrebbero sponsorizzare quelli come lui, perché rappresentano quell’Italia ingegnosa e laboriosa, pronta a lottare con mezzi limitati e anche a vincere.
 
Francesco è uno di noi, solo con più capacità e coraggio.
 

Anno nuovo, rotta nuova

Doppiata la boa di fine 2012, è tempo di volgere la prua verso la crociera che sarà. Lo so, manca ancora un sacco di tempo, ma il tempo vola anziché navigare lentamente a vela, e Piazza Grande è avida di lavoretti da fare, strappetti da cucire, ritocchini da spennellare, modifichette da modificare.
Ho fatto un lista, divisa per categoria (riparazioni, migliorie, manutenzione), assegnando valori di priorità ed ipotizzando un costo minimo e massimo. Quando ho fatto il totale m’è venuto da piangere. Per fortuna era il totale dei costi minimi, le lacrime m’hanno annebbiato la vista mi e non ho visto il totale dei massimi; se l’avessi fatto mi sarebbe preso un colpo.
Comunque sia, farò tutte le cose cui ho dato priorità assoluta, ovvero tutto ciò che concerne la sicurezza della navigazione, il resto sarà quel che sarà. Al lavoro!
Buon anno, buon vento.

Piazza Grande è un blog!

Piazza Grande è una barca, oltre che una canzone, un ricorrente toponimo italiano, un vecchio programma televisivo ed altro ancora. Ora è anche un blog, dove conto di raccontare le mie navigazioni ed i pensieri che esse mi suscitano, prima, durante e dopo.
 
Lo aggiornerò senza impegno né regolarità, quando ne avrò voglia e soprattutto quando avrò qualcosa da dire, un pensiero da fissare, una riflessione da condividere. Il comune denominatore dei post sarà l’amore infinito per il mare che da sempre mi anima.
 
Ringrazio anticipatamente chi avrà piacere a leggermi.