Tanto m’ha appassionato, intrigato, emozionato, colpito Cecità, quanto m’ha annoiato Saggio sulla lucidità, al punto di decidere di mollarlo a due terzi circa. Il primo è una spietata analisi dell’animo umano attraverso il resoconto di fatti realisticamente possibili, il secondo un’indagine sul lato oscuro del potere, basato su una premessa realistica ma sviluppato su una serie di fatti che più che alla fantapolitica attengono, quasi, al fantastico. Lo stile è lo stesso, quel serrato periodare che quasi fa strabuzzare gli occhi tanto è fitto. Ma se in Cecità ad alleggerire la lettura ci pensano gli avvenimenti, serrati non meno dello stile, in Saggio, dove spesso devono scorrere parecchie pagine perché accada qualcosa di concreto, tutto diventa più pesante da seguire. I fatti stessi, inoltre, mi sono apparsi a volte scontati e prevedibili, laddove possono essere riferiti analogicamente a situazioni golpistiche degli ultimi decenni, o poco verosimili quando frutto genuino della fantasia dell’autore.
Insomma, per non tirarla troppo per le lunghe: se leggere Cecità è quasi un dovere per ogni essere pensante, a non leggere questo non si commette di sicuro un peccato.
Insomma, per non tirarla troppo per le lunghe: se leggere Cecità è quasi un dovere per ogni essere pensante, a non leggere questo non si commette di sicuro un peccato.