Omnia mea mecum sunt

Non ho mai vissuto stabilmente in barca, pur avendoci trascorso lunghi periodi, anche cinque o sei mesi consecutivi. Mi piace però quando sono ormeggiato in un porto e mi preparo per uscire come se uscissi da casa. Uno sguardo per controllare luci e gas, le chiavi e il cellulare nelle tasche (ultimamente, ahimè, anche la mascherina), poi chiudere il tambuccio e via per le strade della città.

Un centro abitato lo senti tuo se ci abiti, se hai la casa lì; e la barca altro non è che una casa che si sposta con te e ti segue ovunque tu vada. Se poi la stagione turistica è definitivamente conclusa, la barca dà ancora di più la sensazione di una piacevole routine quotidiana, trasmette un senso di appartenenza al luogo che il soggiorno in una qualunque struttura turistica non potrà mai dare.

Omnia mea mecum sunt, chiosava Seneca: tutte le mie cose sono con me. Lui lo diceva per ribadire la sua estraneità ai beni materiali, chi va per mare invece può sposare felicemente questo detto per la ragione opposta.

Ponza, posto libero in transito; tra le cose belle del mare d’inverno.

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