
Definirlo romanzo è riduttivo. È un fantastico trattato di sociologia, psicologia e antropologia che descrive l’evoluzione della società occidentale (francese in particolare) negli ultimi decenni del Novecento attraverso le vicende personali di due fratellastri, diversissimi per carattere e per indole.
Il primo, solitario al limite dell’ascetismo, dedica la vita alla scienza, arrivando a sfiorare il Nobel; il secondo ricerca nel sesso sfrenato un lenitivo al suo dolore esistenziale. Entrambi, però, chiusi nel proprio microcosmo di difesa o appagamento, appaiono come il prodotto di un epoca che ha portato l’individualismo al suo massimo storico. E l’autore spiega molto bene le ragioni di questo percorso generazionale e antropologico.
Inumerevoli le pagine contenenti digressioni profonde che stimolano la riflessione nel lettore, ragionamenti acuti esposti con incredibile chiarezza che spaziano dalla filosofia positivista alla fisica quantistica e alla biologia molecolare. Affascinante come Houellebecq appaia ferrato in tutti questi campi, mostrando uno spessore culturale davvero fuori dal comune.
Ma nel finale spiazza, spostando progressivamente l’azione in un futuro prossimo di alcuni decenni, mostrando un’umanità nuova sorta dalle ceneri della vecchia, ormai geneticamente superata, cui viene però riconosciuto il merito, pur avendo vissuto nell’individualismo, di non aver mai smesso di cercare il bene e l’amore universali.
Bello, bello, bello!