Non è uno Spoon river, non c’è la condanna della società, quali che ne possano essere le motivazioni, c’è solo rappresentazione di un’America minore che null’altro ha da offrire alla penna dello scrittore se non la propria ordinarietà. Volendo fare un piccolo paragone, mi vengono i mente i Racconti romani di Moravia; letti che avevo 12 anni, rimasi catturato proprio dalla quotidianeità delle storie, mi sembrava incredibile leggere su un libro di uno scrittore importante personaggi e situazioni della mia infanzia, della Roma di allora.
Lo stile è semplice ma non banale e non mancano guizzi geniali tipo: “Fai quello che ti ha detto la mamma, era solo un cadavere, tutto là“. Una frase che racchiude un mondo, descrivendolo senza fronzoli ma in modo perfetto. Del resto, ne ha ricavato un film Robert Altman, mica bau bau micio micio!
Ma quanto male fa Carver? Ne scrissi questo a fine lettura, sfiancata: che la vita è sofferenza, fastidio, delusione, incomunicabilità, impotenza, disperazione, solitudine, ce lo ricorda ogni maledettissimo momento, in ogni sguardo, in ogni parola, nei continui perché senza risposta, negli oggetti che cadono e che continuano a rotolare, nelle semplici azioni quotidiane, nei silenzi. Ti costringe a condividere vite dolorosamente normali, ti scaraventa con violenza, e senza formalismi, dentro le sue storie, ti punzecchia con crudeltà eleggendoti suo protagonista, e lo fa in modo magistrale, con una scrittura sapiente e diretta, semplice ma incredibilmente penetrante; sono certa non usasse penne e calamai, ma armi, per di più affilatissime. Più tardi o domani mi dedico a Potok. Grazie :)Rossella
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