Un poutpurrì di tutto ciò che ai suoi tempi era cultura o tale era più o meno debitamente considerato. Il tutto preso di striscio, citato a raffica con finta nonchalance, in quantità tale che a voler fare l’indice dei nomi ne verrebbe a sua volta fuori un libro. A rendere il tutto più siocco ha pensato l’editore italiano: nella quarta di copertina, a carattere grassettato è scritto: Una donna che parla di sesso come un uomo. ‘Azz, diranno subito i miei piccoli lettori!
Poi però a sfogliarlo si incappa continuamente in perle di questo genere:
– “… incontrare un uomo bello, aitante, potente e ricco che potesse riempirmi ogni buco“;
– “La sua lingua mi stava facendo impazzire la figa“;
– “Mi innamorai di Bennet perchè aveva le palle più pulite che avessi mai assaggiato“;
– “… fare i nostri bisogni accovacciati per terra con l’erba che ci faceva il solletico e le mosche che ronzavano orrendamente attorno al buco del culo per posarsi sugli stronzi freschi“.
Gli uomini parlano in questo modo? Solo in caserma ricordo di aver sentito persone esprimersi così ripetutamente in questo modo, ma solo fino al grado di caporalmaggiore, al massimo sergente. E una donna si affranca da qualcosa, secondo l’autrice, esprimendosi in questo modo? E non sono certo uno che si scandalizza facilmente per il linguaggio.
Che poi, di sesso vero e proprio ce n’è poco e niente, il turpiloquio è limitato ai ragionamenti della protagonista, ma non come catarsi di espressività repressa, a me è sembrato semplicemente un modo sempliciotto di attirare l’attenzione, proprio come certi personaggi televisivi di oggi.
Non mi sorprende che sia stato un best seller, la formula è sempre quella, da decenni non cambia, uno schema che basta applicarlo per farlo funzionare. La letteratura è altro, per fortuna.