
Un interessante saggio divulgativo che tenta di spiegare perché alcune civiltà si sono affermate prima, meglio, e a discapito di altre. Come recita il sottotitolo, la storia del mondo negli ultimi tredicimila anni, letta in chiave socio-antropologica.
Liquidata come sciocca qualsiasi motivazione di carattere razziale basata sulla superiorità genetica di alcune popolazioni, l’autore, un biologo e antropologo americano, espone in modo chiaro e documentato le ragioni che hanno permesso all’uomo di evolversi, passando dalla condizione nomade di cacciatore-raccoglitore a quella stanziale di agricoltore-allevatore e poi successivamente di sviluppare conoscenze in campo metallurgico, scientifico, militare e culturale.
Ma soprattutto, perché in alcune aree del pianeta questo è avvenuto migliaia di anni fa mentre in altre solo da pochi decenni fa e unicamente in seguito al contatto con gli europei. In estrema sintesi, viene fatto risalire tutto alle condizioni geofisiche dei luoghi, alla disponibilità di risorse, la cui mancanza ha spesso stimolato gli individui, e soprattutto alla possibilità di interscambio con i vicini, cosa preclusa a molti popoli per questioni fisiche (orografiche o marine).
Quello che è certo, è che noi abitanti della terra siamo tutti mescolati fra noi, fin dalla preistoria, molto più di quanto certe teorie razziste sulla purezza del sangue vorrebbero far credere.
Forse eccessivamente lungo per un testo divulgativo, ma decisamente da leggere.