
Folgorato dai primi suoi romanzi che ho letto, ho iniziato una sistematica lettura delle opere di Houellebecq, raccogliendo però, dopo l’innamoramento iniziale, una mezza delusione (Serotonina) e una delusione a tre quarti, come mi sento di definire questo libro.
Non che manchino gli elementi che caratterizzano e rendono più che interessante la sua produzione, e neppure pregevoli pagine con profonde riflessioni e analisi sulla società contemporanea frutto di un acume fuori dal comune, ma nell’insieme il romanzo non avvince.
I fatti ruotano attorno alla vita di un artista di successo che nel racconto incontra e lavora insieme con Houellebecq, rappresentato da se stesso. Divertente che uno scrittore faccia di sé un personaggio di un suo romanzo, senza che questo, e qui si vede la grandezza dell’autore, paia eccessivamente agiografico. Divertente anche che la sua morte per mano assassina venga descritta con minuziosità da criminologo.
Rappresentate attraverso i personaggi principali, l’arte e la letteratura fanno da sfondo alle vicende del romanzo; i due modi che l’uomo ha escogitato per raccontare e raccontarsi vengono messi a confronto in un mondo che tributa loro successi curiosi o inaspettati e a volte, come nella storia qui narrata, più grazie al sapiente uso delle logiche di mercato che a reali valori artistici. Ma forse lo sapevamo già.