
Il sole è ancora alto al tardo pomeriggio, quando riverso gli spaghetti dalla pentola alla padella dove ho soffritto la bottarga autoprodotta con le uova dei tonni pescati nei giorni scorsi, per finire di cuocerli nella gustosa cremina che l’amido di cottura della pasta produce. A pranzo abbiamo sgranocchiato patatine e taralli, avere appetito a quest’ora più che normale è fisiologico. Piazza Grande brandeggia dolcemente, saldamente aggrappata al generoso calumo che ho calato per garantirci un sereno ancoraggio, muovendosi alternativamente a destra e sinistra e lasciando scorrere dagli oblò sulle murate il panorama, scoprendo e coprendo la barca francese che insieme a noi divide la splendida baia di Cala Zafferano, in prossimità di Capo Teulada.
L’equipaggio, una coppia piuttosto giovane, sta rientrando a bordo con un dinghy a vela dalla spiaggia deserta dove ha portato il loro cagnolino a fare i propri bisogni; tolti loro e noi, nessun altro a godere, alla luce degli ultimi raggi di sole, di questa cornice meravigliosa. Mentre consumiamo la nostra cena, dagli altoparlanti della nostra radio si diffonde sommessamente Across the universe dei Beatles e penso che la mia dimensione è questa, nel mare, nella natura, nell’universo, penso che la vita non è lavorare per pagare le rate dell’auto per andare a lavorare, che l’uomo ha bisogno di spazi più ampi di un monolocale di città, che la vita non è stare in coda mattina e sera sulla tangenziale e che il giusto riconoscimento per 40 anni di lavoro non è una panchina su uno spartitraffico, pomposamente chiamata parco pubblico dall’amministrazione comunale, dove vomitare la propria mestizia esistenziale su altrettanto tristi omologhi.
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Capo Teulada dal mare |
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Free climbing |
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Caronte e il cane |
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Ghiottonerie a bordo |
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Acqua cristallina |
Capo Teulada, oltre che per la sua incredibile bellezza, è famoso per essere una delle più importanti servitù militari italiane, credo sia addirittura il più esteso poligono militare europeo, qui vengono testate le nuove armi, spesso sotto segretezza assoluta, si vocifera di militari morti dopo aver raccolto i resti degli spari, evidentemente contaminati da materiali pericolosi. Non sono un pacifista idealista, credo nella risoluzione pacifica delle controversie internazionali ma credo anche che uno stato nazionale debba aver un suo esercito con scopi difensivi, ciò che appunto prevede la nostra carta costituzionale, e che l’illusione di vivere senza esercito sia appunto una pia illusione. Ciò premesso, ritengo pure che il diritto alla salute dei cittadini sia prioritario, l’esercito deve difendere i vivi, difendere i morti non ha senso. Gli abitanti della zona chiedono da tempo, inascoltati, la chiusura del poligono e la restituzione, dopo 60 anni, di questa vasta fetta di territorio sardo alla comunità, ma al momento non se ne parla neppure, anzi pare che l’esercito stia approntando un ampliamento della base. Nel frattempo, ogni tanto piovono colpi di cannone, la Guardia Costiera emette l’ordinanza che vieta l’avvicinamento al promontorio, molti proiettili inesplosi restano dietro le dune della spiaggia, protetti, si fa per dire, da numerosi cartelli che intimano di non oltrepassare il bagnasciuga, e tutto intorno l’incidenza di malattie tumorali fra esseri umani e animali è più alta che nel resto della Sardegna. No, forse no, forse a Quirra, sul versante sud-est dell’isola è ancora peggio, pare che lì abbiano testato i proiettili all’uranio impoverito che sono stati sparati in Serbia dalla NATO, i pastori parlano di greggi deformi, le statistiche di tumori infantili, le persone, invece, parlano della morte che incombe su di loro.
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Lo spinotto incriminato |
Da quando stiamo qui a Capo Teulada, siamo in black-out comunicazionale, niente segnale telefonico, niente Internet, siamo tagliati fuori dal mondo ma soprattutto da seccature varie, l’assenza di contaminazioni emozionali esterne amplifica la magia di questo posto. Non si interrompe un’emozione, era lo slogan con cui molti artisti di cinema, fra cui Fellini e Benigni, alla fine degli anni ’70 tentarono di contrastare l’inondazione di pubblicità nelle proiezioni televisive dei loro film. La pubblicità è spesso sgradevole, per quanto innegabilmente necessaria, interrompe appunto l’emozione che il regista ha costruito secondo dei ritmi che se alterati sconvolgono irrimediabilmente il patos che egli perseguiva nello spettatore. I telefonini, e peggio che mai gli smartphone, ci rendono connessi e reperibili 24 ore al giorno, la cosa ha i suoi indubbi vantaggi, ma i continui squilli, i bip dei messaggini, la voglia di dare un’occhiata a Facebook o alle ultime notizie (che poi in Italia da decenni non succede granchè di interessante) sono elementi continui di disturbo come la pubblicità, ci impediscono di andare a fondo ad un’emozione perchè la interrompono continuamente spostando la nostra attenzione verso un altrove spazio-temporale che non appartiene al nostro presente contingente e condannandoci di fatto alla superficialità emotiva. Oggi abbiamo gustato l’ancoraggio stupendo, il tramonto nel silenzio, abbiamo chiacchierato a lungo, abbiamo cucinato, abbiamo letto, abbiamo scritto e dopo cena ci siamo anche visti un film, senza interruzioni, pubblicitare o telefoniche. Il mondo, credo, è sopravvissuto tranquillamente a queste 24 ore senza di noi e noi, del resto, non abbiamo sentito la sua mancanza. Che poi, è bastato scapolare il promontorio per riavere 5 tacche al telefonino, averlo saputo prima!
Sempre un’emozione leggere queste tue descrizioni e racconti che fanno rivivere momenti trascorsi e tempi che torneranno! Ventiquattrore ancora poche per allontanarsi dal mondo, ma già abbastanza per riposare e leggere solo quello che viene dal mare! BV mon capitaine 🙂
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Grazie. Di tutto, a ogni lettura.
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San blackout!Buon vento a voi nei mari di Piazza Grande!Augusto
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Ciao Luciano, ben fatto con acqua che pioveva in bagno, sempre terribilmente vivi i tuoi racconti di mare , continua cosìPietro
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