Il posto – Annie Ernaux

"Sono scivolata in quella metà di mondo per la quale l’altra metà è soltanto un arredo."

Quello che immediatamente colpisce di questo breve romanzo è la delicatezza della prosa con cui è scritto: semplice (nella migliore accezione del termine) ma diretta, efficace, limpidissima. Con poche pennellate che mai paiono di maniera, l’autrice dipinge il quadro della storia di due persone, padre e figlia, senza che il lettore abbia mai men che chiaro l’andamento delle cose.

Narrato in prima persona dalla figlia, racconta l’evoluzione sociale ed economica del padre, da contadino povero di un paesino della Normandia a gestore di un piccolo negozio di alimentari, che prima acquisisce un modesto benessere e poi si ritrova stritolato dalla grande distribuzione. Di pari passo, l’emancipazione della figlia che dal provincialismo della famiglia di origine, con graduale distacco e senza mai rinnegare il proprio vissuto, effettua quel salto culturale mai riuscito ai suoi genitori e diventa una scrittrice.

Il rapporto padre-figlia, che pure vive momenti di tensione, resta comunque sempre imperniato sul reciproco rispetto, forse maggiormente che sull’affetto, vittima quest’ultimo di tempi in cui sicuramente c’era maggiore difficoltà a esprimerlo apertamente rispetto a oggi.

Chiaramente autobiografico, altrettanto chiaramente diviene paradigmatico della storia europea dall’ultimo dopoguerra in poi; di quella francese, certamente, ma decisamente anche di quella del nostro paese in quel periodo, gli anni Cinquanta e Sessanta, segnati dal boom economico. E a leggerlo, si capisce come quelli che oggi, con una punta di disprezzo, vengono definiti boomer per stigmatizzarne alcuni privilegi sociali o economici abbiano vissuto la prima parte della propria esistenza in condizioni decisamente non facili.

Non avevo letto nulla di Annie Ernaux e sono stato ovviamente incuriosito dal Nobel che le hanno assegnato quest’anno; di sicuro non mi fermerò a questo bel libro!

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